Il significato dei colori per Kandinskij e la sinestesia
Per Kandinskij i colori sono capaci di
comunicare con noi uomini e possono suscitare in noi due diversi effetti: un
effetto fisico, determinato dalla registrazione da parte della retina di un
colore piuttosto che di un altro ed un effetto psichico prodotto dalla
vibrazione dello spirito che il colore determina quando incontra l’anima.
Kandinskij sperava che i suoi dipinti, oltre ad essere visti,
potessero anche essere ascoltati ed aspirava ad una pittura che fosse anche una
“composizione musicale”.
Nell’artista russo era dunque forte la combinazione tra suoni
ed immagini, come in Mozart, che, insieme al loro suono, vedeva il colore delle
note: si tratta di un fenomeno conosciuto con il nome di sinestesia (dal greco
syn=con e aisthanomai=percepisco, comprendo), ovvero percepire insieme più
sensazioni. E’ un fenomeno percettivo e non cognitivo: potenzialmente siamo
tutti sinestetici, in quanto il nostro cervello possiede dei meccanismi che
permettono una fusione tra i sensi. La sinestesia è
stata spesso associata a spiccate abilità creative ed infatti è stata
riscontrata frequentemente in artisti e poeti. Le persone sinestetiche sono
quelle che possono annusare i colori, vedere la musica o ascoltare un dipinto,
sono coloro che attivano in maniera incrociata aree del cervello adiacenti che
elaborano diverse informazioni sensoriali. Solitamente la sinestesia ha origine
nell’infanzia ed è involontaria, cioè la percezione avviene automaticamente e
non può essere soppressa, anche se diversi artisti tra cui, pare, Charles
Baudelaire, hanno tentato di indurre la sinestesia attraverso l’assunzione di
sostanze stupefacenti con l’intento di aumentare il proprio livello di
coscienza.
Vasilij Kandinskij era conscio della propria sinestesia; scriveva infatti:
sentivo a volte il chiacchiericcio sommesso dei colori che si
mescolavano: era un’esperienza misteriosa; sorpresa nella misteriosa cucina di
un alchimista
ovvero riusciva a mescolare diverse sensazioni in
maniera cosciente: per lui ogni colore era un suono e le pennellate sulla tela
suonavano davvero.
L’artista russo, oggi universalmente riconosciuto come il
padre dell’astrattismo, era stato, prima di tutto un espressionista. La svolta
avvenne a metà degli anni Venti, quando fu pubblicato il suo testo teorico
“Punto, linea, superficie” e quando dipinse “Giallo, rosso, blu”. Di
quest’opera lo stesso Kandinskij scrisse:
giallo e blu in rapporto al rosso. Il Sole e la Luna si
evitano e si ritrovano come avviene tra il giorno e la notte, l’aurora e il
tramonto. Nascita misteriosa del rosso dalla tendenza simultanea
all’allontanamento e all’ascensione del giallo e del blu.
In quegli anni Kandinskij insegnava al Bauhaus
di Weimer, dove sviluppò alcuni interessanti esperimenti: domandò per
esempio ai suoi studenti di associare il triangolo, il quadrato ed il cerchio
ai tre colori primari: quasi tutti associarono il cerchio al blu, il quadrato
al rosso ed il triangolo al giallo. In accordo con questo risultato
sperimentale, nell’opera “Giallo, rosso, blu” vediamo a destra un
cerchio perfetto color blu, nella parte mediana della tela troviamo un rosso
indistinto, mentre nella parte sinistra domina il giallo. E’ una composizione
pittorica dove il colore assume anche una forma, dove il colore viene associato
alla sua forma privilegiata: il blu con il cerchio, il rosso con il quadrato e
il giallo con il triangolo e quando un colore viene associato alla sua forma
privilegiata, l’effetto psichico che ne deriva è straordinario. Kandinskij,
“il Grande Principe dello Spirito” – come lo definì Joan Mirò (1893 – 1983) –
era interessato proprio a questo: il colore libero dal disegno, associato alla
sua forma privilegiata, come mezzo potentissimo per l’espressione dello
spirito.
dal Blog State of mind - Il giornale delle scienze psicologiche
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