Il Nilo
dal blog "Terra dei Faraoni"http://terradeifaraoni.blogspot.it/2011/03/egitto-un-dono-del-nilo.html
La storia dell’Egitto è stata in gran parte determinata dalla sua geografia, che gli ha consentito di rimanere isolato dai suoi vicini, pur assorbendo alcuni aspetti della loro cultura. Le grandi distese desertiche a est e a ovest del Nilo fungevano da baluardo contro gli invasori stranieri e le cateratte del fiume stesso evitavano invasioni dal sud. A rendere difficili attacchi dal nord erano poi la costa mediterranea, bassa e stretta, e l’area paludosa del Delta.
La vita si svolgeva quindi nel Delta e lungo la stretta Valle, che insieme
costituivano un’oasi fertilissima, lunga più di 1200 chilometri, che gli egizi
chiamarono "Terra Nera" (kemi), per il colore del suolo reso scuro
dal limo depositato dall’inondazione. Al di là di questa zona ci sono le
"Terre Rosse" dei deserti libico e arabico; il primo, a occidente, è
prevalentemente piatto e aperto, con una serie di oasi disposte più o meno
parallelamente al corso del Nilo; il secondo è un torrido altipiano percorso da
profondi alvei di antichi fiumi ormai in secca (uadi), dove la vita ha
pochissime possibilità di sviluppo. Riferendosi al corso della corrente del
Nilo, gli egizi chiamavano Basso Egitto le terre del Delta fino a Menfi, e Alto
Egitto la Valle vera e propria tra Menfi e la prima cateratta di Assuan. (La
definizione Medio Egitto è solo geografica )
Fin dalle origini, la terra del Nilo offrì un ambiente
ottimale per la vita e il progresso dell’uomo; non tanto facile, cioè, da
intorpidire lo spirito e indurre a rinunziare a iniziative ed invenzioni, con
le quali migliorare la propria condizione materiale, ma nemmeno tanto difficile
da impegnare le forze di ciascuno nella strenua ricerca delle fonti di cibo o
nel fuggire eventi naturali distruttori. Grazie al grande fiume, in Egitto la
coltivazione della terra conservò sempre una preminenza assoluta e il paese
appariva come un unico enorme impianto agricolo, con potenziale produttivo, per
l’epoca, altissimo. Infatti le economie dei due Egitto si integravano e agli
abitanti conveniva organizzarsi in un’unica comunità, estesa da Assuan al
Mediterraneo, sia per meglio sfruttare le piene con opere idrauliche, sia
perché, con risorse alimentari più vaste, era più facile fronteggiare
situazioni di emergenza, come il perdurare da un anno all’altro della scarsità
d’acqua. Dal Nilo dipendevano anche la ricca flora spontanea e la numerosa
fauna, e quindi la caccia e la pesca. Tutto questo non sarebbe stato possibile
senza la grande inondazione del fiume che gli dei benefici concedevano al paese
con la regolarità di un prodigio naturale. Ecco perché lo storico greco Erodoto
definì efficacemente l’Egitto "dono del Nilo", anche se
l’affermazione è falsa ove minimizza il lavoro umano.
"Salute a te, o Nilo che sei uscito dalla terra, che sei venuto per far vivere l’Egitto...
Quando la piena comincia ad alzare, il paese è in giubilo, tutti sono in gioia."
Questo Inno al Nilo lo si cantava forse in attesa
dell’inizio della piena, intorno al 19 luglio, quando la stella Sothis o Sirio
appariva bassa sull’orizzonte orientale.
Non era tanto della regolarità del fenomeno che si poteva dubitare, pur non conoscendone le cause, quanto della sua entità: se infatti le acque straripavano con violenza, rompevano gli argini e distruggevano i campi; se l’inondazione era scarsa, la siccità avrebbe ridotto la popolazione alla fame. Per questo vennero intraprese fin dalle epoche più antiche opere di canalizzazione indispensabili per la difesa e il controllo del territorio. Ogni anno, nella stagione dei monsoni (da giugno a settembre), piogge torrenziali cadono sugli altipiani abissini e empiono il Nilo Azzurro e l’Atbara, trascinando enormi quantità di terriccio. Fino a che le acque del fiume non vennero parzialmente imbrigliate nel 1971, la piena raggiungeva Assuan al principio di giugno e Menfi alla fine dello stesso mese; montava poi rapidamente e toccava il massimo a fine settembre, con una crescita di livello fino a 7 metri ad Assuan e 4 al Cairo; poi lentamente calava sino al minimo, che durava dall’aprile al giugno dell’anno successivo. Questo apporto di acque era, con rara eccezione, costante e tranquillo, tale da garantire alla Valle intera una sorta di irrigazione naturale e anche una specie di naturale concimazione dal momento che, deponendo sul terreno il limo fecondo, rinnovava il suolo coltivabile. Il regime del Nilo determinava per gli egizi anche le stagioni agricole.
Le stagioni
Il sorgere della stella Sirio, era la ricorrenza
principale nel ciclo delle stagioni:l'evento dava inizio a akhit, il
periodo dell'inondazione; perit, l'inverno, che vedeva lo svolgersi
della stagione agricola; shemu, l'estate, la stagione dei raccolti.
Dopo l'inondazione, i contadini gettavano i semi sulla terra fangosa, e
procedevano- lo racconta Erodoto- facendo calpestare la semenza da branchi di
animali domestici: per i Greci, la cui agricoltura dipendeva da terre aride e
dall'imprevedibile regime delle piogge, il Nilo permetteva ai fortunati Egizi
di coltivare senza il minimo sforzo.
Dal sito "Geometrie fluide"
http://www.geometriefluide.com/pagina.asp?cat=divinita-egitto&prod=mito-osiride-iside
Il
mito di Iside e Osiride
Iside, la dea della vita, della bellezza, della natura
in rigoglio, aveva sposato suo fratello, un giovane dio,Osiride al quale
erano cari i boschi, le messi e tutte le manifestazioni
della natura. Osiride era un dio pastorale e a lui si rivolgevano gli
agricoltori e i pastori perché i loro raccolti fossero abbondanti e le greggi
si moltiplicassero. Così benigno e cordiale era questo dio che spesso andava
tra gli uomini per infondere loro il suo stesso amore per la natura e
insegnare l'arte per rendere fertili i campi e feconde le greggi. Né si limitò
alla sola terra d'Egitto, ma andò tra gli altri popoli, e da tutti ricevette
gratitudine e onore. Disgraziatamente aveva un fratello malvagio e
invidioso, Set, il quale, durante una sua assenza non fece altro che
pensare come avrebbe potuto occupare il suo posto per ricevere dagli uomini gli
stessi onori. Quando Osiride tornò, Set si mise a insidiarlo con mille astuzie
per riuscire nel suo intento.
Iside che conosceva il malanimo del cognato lo teneva d'occhio finché Set non
riuscì a eludere la sua vigilanza. Fece costruire un magnifico cofano che aveva
le dimensioni esatte del corpo di Osiride e, durante un banchetto, promise di
regalarlo a chi sdraiandosi dentro lo avrebbe riempito perfettamente. Molti ci
provarono ma il cofano era sempre o troppo grande o troppo stretto; infine
anche Osiride fece la prova ma, quando già si rallegrava di aver vinto la gara,
gli amici di Set chiusero a tradimento il cofano, lo portarono sulle sponde
del Nilo e lo gettarono nelle acque del fiume in piena. Iside, che
quella sera non era presente al banchetto, dopo aver atteso per qualche tempo
Osiride comprese che lo sposo doveva essere rimasto vittima di un tradimento e
si mise alla sua ricerca per tutto l'Egitto, ma invano. Alla fine arrivò sulle
coste della Fenicia e lì ritrovo la salma che era stata trascinata dalle
correnti marine. Iside dovette riportarsi a casa solo un cadavere cui diede
sepoltura nelle paludi del delta del Nilo. Set non era tranquillo, andò dunque
alla sepoltura e tagliò il corpo del fratello in quattordici pezzi che
disseminò per tutto l'Egitto. Quando Iside lo seppe riprese le sue
peregrinazioni finché non riuscì a rintracciare tutte le membra del marito, e
una volta ricomposte, agitando le sue ali volse sulla salma un vento vitale ed
ecco che il dio riprese a respirare e a muoversi. Iside ebbe il potere di
resuscitare lo sposo in grazia del grande amore che aveva dimostrato per lui e
delle fatiche sostenute per ritrovarne il corpo. Tornato in vita Osiride
denunciò Set al tribunale degli dei ma poiché neppure un immortale può
continuare a vivere sulla terra quando ha conosciuto la morte, Osiride divenne il
signore del mondo sotterraneo, dove abitano i defunti lasciando al suo ultimo
figlio, il piccolo Oro, il compito di vendicarlo. Il piccolo Oro fu allevato
segretamente nelle paludi del delta, dove la madre lo aveva fatto rifugiare
temendo Set, e quando fu in età da poter affrontare la lotta si presentò per
sfidare in battaglia il malvagio zio. La lotta fu feroce ma Oro fu vincitore e
il saggio dio Toth ridiede la vista al suo occhio rimasto accecato nel
combattimento. Poi lo condusse davanti al concilio degli dei che accolsero Oro
con grande festa. Tuttavia, Set cercò di portare contro di lui false accuse.
Così, ne seguì un processo che durò ottant'anni, finché Iside andò segretamente
sull'isola in cui si teneva il processo e assunse le sembianze di una mortale.
Si presentò a Set dicendo: "Signore, io sono la moglie di un bovaro, mio
marito è morto e il mio unico figlio sorveglia il bestiame di suo padre;
Ultimamente è arrivato uno straniero, il quale si è impadronito delle nostre
stalle e ha detto a mio figlio che lo batterà prendendosi il bestiame."
Allora Set rispose: "Se è ancora in vita il figlio del padrone, mai si
dovrà dare il bestiame allo straniero." A queste parole Iside si rivelò
gridando: "Set, tu hai pronunciato la tua condanna!" e, infatti, tutti
gli dei riconobbero che Set, così dicendo, aveva espresso la sentenza contro se
stesso. Oro fu riconosciuto sovrano del mondo terreno così come il
padre suo era sovrano del mondo sotterraneo e da allora i re egiziani si
proclamarono successori di Oro.
Nessun commento:
Posta un commento